Il Mito della Caverna, presentato da Platone nel Libro VII della Repubblica, è una delle allegorie più celebri della filosofia occidentale. Rappresenta un potente simbolo della condizione umana e del percorso verso la conoscenza.
Questo articolo si propone di esplorare approfonditamente il mito da una prospettiva gnostica, mettendo in parallelo i concetti espressi da Platone con i riti di incubazione praticati nell'antichità.
L'obiettivo è dimostrare che Platone, attraverso il mito, stava descrivendo un processo rituale di trasformazione interiore, simile ai riti di incubazione. Questi rituali, diffusi nel mondo antico, prevedevano un periodo di isolamento in uno spazio oscuro (come una grotta o un tempio) per favorire esperienze oniriche o visionarie che portassero a una profonda conoscenza di sé e del divino.
1. Il Mito della Caverna: Sintesi e Significato
Nel mito, Platone descrive un gruppo di individui incatenati fin dalla nascita in una caverna sotterranea.
Queste persone sono rivolte verso una parete, su cui vedono proiettate delle ombre provenienti da oggetti portati da figure che camminano dietro di loro, illuminate da un fuoco.
Non avendo mai visto altro, gli incatenati prendono le ombre per la realtà.
Uno di loro riesce a liberarsi e, voltandosi, vede il fuoco e comprende che le ombre sono solo riflessi di oggetti reali.
Uscendo dalla caverna, viene accecato dalla luce del sole, ma gradualmente si abitua e vede il mondo reale nella sua pienezza.
Riconosce che il sole è la fonte di vita e verità.
Tornato nella caverna per liberare gli altri, viene deriso e rifiutato.
Tradizionalmente, il mito è interpretato come una rappresentazione del percorso dell'anima dall'ignoranza alla conoscenza.
Le ombre simboleggiano le apparenze sensibili, mentre il mondo esterno rappresenta il mondo delle idee, l'iperuranio, accessibile attraverso la ragione filosofica. Il sole è l'Idea del Bene, il principio supremo che illumina e dà senso a tutto.
2. La Prospettiva Gnostica
Lo gnosticismo è un insieme di correnti filosofico-religiose sviluppatesi nei primi secoli dell'era cristiana.
Gli gnostici credevano che la salvezza dell'anima derivasse dalla gnosi (γνῶσις), una conoscenza intuitiva e diretta del divino, piuttosto che dalla fede o dalle opere. Secondo questa visione, il mondo materiale è una prigione creata da un demiurgo ignorante o malevolo, e l'anima umana è una scintilla divina caduta in questo mondo.
Dal punto di vista gnostico, il mito della caverna può essere letto come una metafora della condizione dell'anima intrappolata nel mondo materiale (la caverna).
Le catene rappresentano l'ignoranza e le illusioni che impediscono all'anima di riconoscere la propria natura divina. Il prigioniero che si libera simboleggia l'individuo che, attraverso la gnosi, riscopre la propria vera essenza e si eleva al di sopra del mondo materiale, raggiungendo la luce della conoscenza suprema.
3. I Riti di Incubazione nell'Antichità
I riti di incubazione erano pratiche rituali diffuse nel mondo antico, soprattutto nei culti di guarigione associati a divinità come avveniva, ad esempio, nell'Asklepeion, il tempio di Asclepio. Consistevano nel dormire in luoghi sacri (templi o grotte) per ricevere, attraverso i sogni o le visioni, messaggi divini, guarigioni o illuminazioni spirituali.
Il rituale prevedeva diverse fasi che riassumiamo brevemente, non essendo, questo articolo, un approfondimento di tale argomento:
· Purificazione: Preparazione attraverso bagni rituali, digiuno o preghiere.
· Isolamento: Il partecipante entrava in uno spazio sacro, spesso oscuro e chiuso, simile a una caverna.
· Incubazione: Durante il sonno, il partecipante attendeva l'intervento divino attraverso sogni o visioni.
· Interpretazione: Al risveglio, i sacerdoti aiutavano a interpretare le esperienze avute.
· Trasformazione: L'individuo usciva dal rito con una nuova comprensione, guarigione o stato spirituale.
4. Paralleli tra il Mito della Caverna e i Riti di Incubazione
La caverna, antro oscuro ed ipogeo, rappresenta per i filosofi dell'antica Grecia, il mondo dal quale è possibile, proprio grazie all'oscurità presente in essa, divenire coscienti dell'illusione e superare l'ignoranza.
E' il grembo materno che ci protegge, ci nutre e nel quale, fino alla venuta alla luce, non manchiamo di nulla tranne che della verità della luce stessa della quale, nel ventre, o nella caverna, scorgiamo solo il riflesso.
All'interno dell'antro oscuro i sensi sono limitati così pure, di conseguenza, le facoltà mentali e spirituali cosi l'uomo viene a trovarsi in una condizione di prigioniero, legato da catene rappresentate dall'ignoranza e dalla paura di sapere.
Quando, infatti, ci si abitua alle catene, il mondo fuori fa paura.
Nei rituali di incubazione si aspirava, infatti, ad una resurrezione, fosse spirituale o corporea (guarigione) e la purificazione iniziale serviva a lavare via, simbolicamente, credenze e illusioni, per prepararsi a vedere la realtà.
Quelle ombre che l'uomo si ostina a guardare ritenendole reali.
Il prigioniero che riesce ad ottenere la visione attraverso il rituale incubatorio, quando esce dalla caverna sarà un risorto, un'anima in ascesa verso la Luce.
Egli vedrà con occhi nuovi, liberi dall'ignoranza e potrà scorgere, ormai sulla via, quella luce interiore che dissipa le ombre dell'esistenza conducendolo, un passo dopo l'altro, attraverso la conoscenza a mano a mano acquisita, a poter guardare direttamente la luce del sole divino.
L'immagine che ci da Platone, nel mito, è molto esplicativa. L'uomo che si libera dalle catene ed esce alla luce, lì per lì rimane accecato e ha bisogno fi tempo per avere una visione completa, la finale illuminazione interiore.
“Prima potrebbe osservare più agevolmente le ombre, poi le immagini riflesse nell’acqua degli uomini e delle altre cose, infine le cose stesse; di qui potrebbe passare all’osservazione dei corpi celesti e del cielo stesso durante la notte, volgendo lo sguardo alla luce degli astri e della luna con maggior facilità che, di giorno, al sole e alla sua luce”
Potremmo definire le ombre con il concetto gnostico di Abraxas, così ben argomentato da
C.G.Jung nei “Septem Sermones ad Mortuos”:
“Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l’uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l’infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male … Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano … Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio. Ogni cosa che create col Dio sole dà al demonio il potere di agire. Questo è il terribile Abraxas”
O anche nella descrizione che na fa il Christos risorto ai suoi discepoli nella Pistis Sophia, distinguendo due luci: quella reale e quella che è soltanto una proiezione dell'altra.
Allo stesso modo in cui, nel mito platonico, la luce vista nella parete della caverna era soltanto il riflesso di quella che, realmente, fiammeggiava all'esterno.
Solo il prigioniero che ha spezzato le catene, che, nell'incubazione, ha ottenuto la conoscenza, sarà risvegliato e conquisterà l'esterno e, dunque, la vera Luce, la Verità di Abraxas.
Cosa accade, dice Platone, quando l'uomo diviene in grado di vedere?
L'entusiasmo lo coglie e la volontà di riferire agli altri che ciò che stanno guardando sono solo le illusioni prodotte dalla falsa luce e rientra, con ogni buon proposito, nella caverna.
Ma viene deriso e allontanato.
Ormai assopiti nel torpore e nella convinzione che ciò che hanno di fronte sia la realtà, i prigionieri non riconoscono le proprie catene e rifiutano di voltarsi.
Coloro i quali hanno subito la trasformzaione interiore diverrano riconosciuti come Maestri e, nel corso delle ere, il loro messaggio di liberazione non è mai cambiato seppure adattato alla illusione dell'ombra, perciò difficile da discernere e da comprendere.
Perciò, spesso, il Maestro non viene riconosciuto e rimane atteso, pur camminando in mezzo all'illusione.
Considerazioni gnostiche sui Misteri
I Misteri, celebrati due volte l'anno ad Eleusi, nell'antica Grecia, riguardavano la memoria del rapimento di Persefone da parte di Ade e durante le celebrazioni che duravano 9 giorni, venivano officiati nuovi ierofanti, sacerdoti che si consacravano alla dea Demetra, madre di Persefone.
Di come si svolgesse il rituale non ci è stato tramandato quasi nulla poiché era segretissimo ma è certo che si svolgesse in tre fasi: discesa, ricerca e ascesa, riprendendo il connubio con i rituali di incubazione, pratica che sicuramente era riproposta nei Misteri.
Platone era, molto probabilmente, un iniziato ai Misteri e si evince dalla sua prosa che possedesse una conoscenza sulle cose dello spirito che andava molto oltre il profano.
Il mito della caverna potrebbe essere una allegorica rappresentazione dei Misteri, considerando l'Ade come l'anfratto oscuro, appunto e Persefone come l'ignara anima incatenata.
La ricerca della madre ci riconduce alla chiamata, se vogliamo, della nostra anima a superare l'ignoranza attraverso la conoscenza, percorrendo le tappe dell'iniziazione e, infine, l'ascesa di Persefone dopo essere stata liberata da Ade, simboleggia l'uomo che vede la luce della verità dopo essersi voltato e aver scorto la fiamma oltre la via d'uscita dalla caverna.
Interpretazione del processo ritualistico
L'uomo nella caverna deve seguire l'intero processo di iniziazione prima di poter vedere la luce e liberarsi dai fardelli prodotti dall'ego, la maschera individuale che ognuno di noi indossa per interpretare l'azione dell'esistenza. Quella maschera che fa di noi non ciò che siamo ma quale funzione abbiamo nel mondo delle illusioni: padre, madre, figli, ingegneri, muratori, operai, imprenditori... ecc...
L'uscita rappresenta la rinascita, un tornare di nuovo nel mondo reale con la consapevolezza di aver vissuto una funzione ma non l'essenza di ciò che siamo e di aver contribuito, fino a quel momento, a proiettare ombre sulle pareti.
L'incontro con la Luce vera, il vero Risveglio dall'illusione, fa del prigioniero un uomo completamente rinnovato, come nascesse in quel preciso momento per la prima volta.
Questa rinascita comprende il ritorno alla comprensione dell'Uno, alla riunificazione di tutte le parti di se, all'integrità dell'Essere.
Corpo, mente e spirito divengono una cosa sola ed egli comprende il proprio vero posto nell'universo.
La gnosi, la conoscenza, è indispensabile in tutto questo processo e non è limitata all'intelletto, all'immagazzinare sapere fine a se stesso. Diviene mezzo di trasformazione profonda, integrale e colui che, prima, compiva determinate azioni nel mondo, ora sarà qualcuno di totalmente diverso e diverse saranno le sue azioni, tali da influenzare positivamente le persone che ha intorno.
L'uomo nuovo è un portatore di luce (Phosphorus), un seminatore di conoscenza, una guida verso l'uscita dalla caverna e dalle illusioni.
Conclusione
Il Mito della Caverna di Platone, letto attraverso la lente dei riti di incubazione e della prospettiva gnostica, rivela una profondità che va oltre l'interpretazione filosofica tradizionale. Il mito può essere visto come una rappresentazione simbolica di un processo rituale di trasformazione interiore, in cui l'individuo, attraverso l'isolamento e l'oscurità, giunge a una conoscenza superiore e a una rinascita spirituale.
Questa lettura non solo arricchisce la comprensione del mito, ma evidenzia anche le connessioni tra la filosofia platonica e le pratiche spirituali dell'antichità.
Sebbene vi siano limiti e possibili anacronismi nell'associare direttamente Platone allo gnosticismo, l'analisi mostra come temi universali di ricerca della verità e liberazione dall'ignoranza siano presenti in diverse tradizioni e rituali.
Grazie
Redattrice: Monica Benedetti
Bibliografia
· Platone, La Repubblica, Libro VII.
· Dodds, E.R., I Greci e l'Irrazionale.
· Eliade, Mircea, Storia delle credenze e delle idee religiose.
· Kingsley, Peter, Antichi Incantesimi: Visioni, Miti e Magia nell'Antica Grecia.
· Rudolph, Kurt, Lo Gnosticismo: Natura e Storia.
· Nock, A.D., Rituals of the Ancient World.
Appendice: Approfondimenti Tematici
A. Simbolismo della Luce e dell'Ombra
La dualità luce-ombra è un tema ricorrente in molte tradizioni spirituali. Nel mito, la luce rappresenta la verità e la conoscenza, mentre l'ombra simboleggia l'ignoranza e l'illusione. Questo dualismo è centrale anche nello gnosticismo, dove il mondo materiale (oscurità) è contrapposto al regno spirituale (luce).
B. Il Viaggio dell'Eroe
Il percorso del prigioniero può essere paragonato al Monomito o Viaggio dell'Eroe, una struttura narrativa identificata da Joseph Campbell che descrive il viaggio di trasformazione dell'eroe attraverso prove e rivelazioni.
C. La Psicologia del Profondo
Elementi del mito possono essere interpretati attraverso la psicologia analitica di Carl Jung, in particolare riguardo all'individuazione e all'integrazione dell'ombra.
Nota sull'Autore
Questo articolo è stato elaborato con l'intento di offrire una nuova prospettiva sul Mito della Caverna di Platone, integrando conoscenze filosofiche, storiche e spirituali. Si invita il lettore a considerare le interpretazioni proposte come spunti per una riflessione personale e ulteriore approfondimento.
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